giovedì 29 agosto 2013

Tempo dell'Eden.

Te lo ripetono in ogni dove, quando fa comodo, a seconda delle circostanze. Siamo tutti uguali, non esiste uno perfetto più di un altro. Siamo tutti diversi, ed ognuno è perfetto a modo suo, la perfezione è vaghissima, non esiste. Ti sussurrano in modo sibile menzogne in ogni dove, affinchè quello che senti dentro risulti la parte non vera, e la menzogna l'unica legittima. La verità è una sola, ed è quella scritta come uno spartito con il tempo scandito dal cuore.
Dicono che la perfezione non esista e finisci quasi per crederci, fin quando non la riconosci.

Mi addentro nei boschi con il fiato di chi, abitudinario, il rischio lo concepisce solo in funzione dei telefilm d'azione. I medesimi nei quali impressionabilmente le controfigure rendono immortali gli attori in realtà oziosi. Passo dopo passo, le scarpe sfornate bianco acceso dalle multinazionali in Thailandia si tramutano in stivali marrone spento, in una trasfigurazione degna di un Houdini: la polvere si alza addensandosi intorno ai bordi di gomma, ripetendo come un mantra il suono dei solitari passi dal ritmo perpetuo.
Penso all'odio che provo verso le persone che utilizzano la parola 'esplosione' riferendosi a un qualcosa di tranquillo, senza averne mai incarnato la parola, senza essere mai esplosi. Anche senza mai aver fabbricato, in casa, una bomba artigianale, fermo restando che questa è un'altra storia. Parole vuote dal senso intrinsecamente e spiritualmente aulico in mano a soldatini di ceramica fresca posti al sole: flaccidi che tentano di indurirsi. Ma un esplosione non è altro che energia, Jouls che si librano nell'atmosfera causando la polverizzazione istantanea di ogni grigiore, portando all'assurdo in vita i colori. Non buio, non vuoto, non violenza, ma Arte.


Il sonno è un dono del quale l'uomo sottovaluta il pregio prolungandolo. Più penso a quanto voglio fare, e più penso a quanto poco devo dormire. Non è un peso tutto ciò, ho imparato a concepire la vita nell'azione, portando il pensiero al 'meno dormi, più allunghi la vita: quella vissuta'. Un toccasana.
Avvicino l'orologio da polso all'orecchio e seguo il ticchettio irrequieto. Il cinturino marrone gli dona un fascino vintage, che misto alle meccaniche argentate crea il contrasto perfetto. Classe insomma.
I pensieri vengono di nuovo riassorbiti nel ticchettio, che col passare dei secondi scanditi aumenta di intensità fino ad essere un rombante insieme di tuoni che comprimono la realtà.
In gabbia, decido di liberarmi del tempo e di ciò che relativamente lo circonda, prima di soffermarmi al pensiero che Chronos è intangibile e permea ogni atomo. Ogni singola cosa, dal distributore automatico alla centrale atomica, ogni computer, ogni rete telefonica, ogni semaforo. Tutto basato su temporizzazioni. Ogni routine sociale, ogni lavoro, ogni appuntamento.


 Tempo. Standard. Protocollo.
Senza vie di fuga, in un annichilimento collettivo, la vera rivoluzione è distruggere il tempo.
Distruggi ogni orologio e distruggerai la società, liberata dalle catene della natura verso l'ascesa all'Eden.


venerdì 31 maggio 2013

Parte il treno.

Di chi ti ricordi per sorridere, quando le giornate stanche si impregnano di conati di vomito giallastro?
Disgusto è quello che voglio provocare, non per altro, ma lasciando sparsi qua e la indizi voglio confondere e selezionare.

In modo tale che non ci sarà finzione nello show
Tu vedi che funziona anche se è un metodo che appesantisce
Ma nulla di questo sai che più mi stupisce

Nuvole e bandiere da contorno a questi giri intorno intorno, e le rime vengono a tratti come quando sbatti contro un muro, ti fermi e poi lì tratti. Non lo faccio apposta, so solo che è molto alta la posta: la mia insoddisfazione a fine giornata, questa parte qua poi l'ho confezionata.
Certo, andava scritto in versi ma cosa importa, se hai tempo per tapparti un orecchio e leggerla sopra i suoi battiti, tanto meglio.
Puoi mangiare quanto vuoi ma il vuoto resta, anche se ti riempi di stupidi impegni o se accarezzi costantemente l'ego. Quello che sei lo riconosci quando dormi, quello che sei lo leggi nei tuoi occhi di fronte allo specchio, ma lo deformi. Tant'è che non riconosci. Quindi sommando, non sappiam chi siamo nè chi vogliamo essere, abbiamo a malapena una vaga idea di quello che siamo stati: niente male, è già un primo passo per ammettere che siamo sommersi di dubbi fino all'ugola, ed è per questo che sputiamo succhi gastrici ad ogni "ciao". 
Ok, ora che le mani hanno un sentore a metà tra il tabacco e lo jagermeister sbavato lungo il mento, mi sento più in tinta col devasto ch'è intorno. Sono in tinta con le pareti, che seppur vecchie, vengono ripittate ogni tot. La gente odia vedere cose vecchie, si sente vecchia essa stessa. Così cerca di portare tutto all'origine, fin quando non si stanca, e si accore finalmente di esserlo diventata davvero.

Tic, toc, tic, toc. Ogni "no" detto oggi non ti torna indietro, neanche se lo chiami Pietro, resta tutto in una teca di vetro scuro posto al tuo ultimo istante. 
Tic, toc, tic, toc. Sole, pioggia, luna, vento. Ma aspetti ancora il tempo, sezioni frasi e ascolti basi di chi ignori anche la stasi. Qualche parabola strana la si può adattare ad ogni situazione, come il detto "Il cieco guarda bene".
Tic, toc, tic, toc. Ehi vecchio, attento alla strada, chi fugge non rallenta, chi fugge di poco s'accontenta. Chi fugge aspetta la notte violenta.

Piego la ruota e striscio sull'asfalto, non importa quant'è alto il salto, m'aiuta a prendere piede con il battito del nucleo terrestre. Si, insomma, giù di faccia a terra a sentire gli elettroni che gareggiano intorno ai protoni troppo filantropi per potersi staccare da sè. Legati dalla chimica, amore algoritmico che rafferma la sostanza: il dinamismo a scatti che ti esplode in una stanza. 
Stessi termini ripetuti fino alla nausea, collasso su di un prato con nei pugni il nulla: un sorriso acceso che brama di evolversi in risata.