giovedì 15 marzo 2012

Convivenza forzata.

È lì. Nel pullman, nella scuola, nel centro. È lì che ti ricordi di far parte della popolazione. Gamba sinistra, gamba destra, respiro.
Accendo una sigaretta.
Penso a come spesso la mia vita sia piatta in confronto a chi si riempie d'impegni pur di non pensare, pur di sentirsi completo.
È convivenza forzata se non scegli l'asocialità.
Finalmente il clima è caldo, evidentemente non ero il solo ad attendere. Ma dove staranno andando? Me lo chiedo spesso in macchina nelle giornate normali quando in orari solitamente calmi le strade sono intasate. Stiamo in fila come formiche, e ognuno crede fermamente nell'importanza di ciò che ha da fare, non è così?
Ci guardiamo negli occhi e vediamo tutti lo stesso sguardo. Pensiamo di essere gli unici esseri pensanti in un gregge di pecore.
Accarezziamo costantemente l'ego, la vocina falsa che ci vuole far credere chi siamo, chi vogliamo essere, come potremo essere.
C'è un buon profumo nell'aria, ma bisogna non avere fretta per accorgerci di tutte le cose belle che in ogni momento snobbiamo.
Pigliatenapausa.

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